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Intrappolati nella rete : Nomofobia

“Non si sa mai. Io il futuro lo metto nella mia wish list.”

Silvia Ziche

Oggi per la maggior parte di noi è possibile navigare in internet, connettersi ai social e chattare sul nostro smartphone ovunque ci troviamo. Basta pensare che in Italia il 74% della popolazione è online, con 34 milioni di utenti attivi sui social media. Secondo dati recenti trascorriamo circa 6 ore al giorno online, di queste quasi 2 su una piattaforma social media. Ma se, per vari motivi, si perde il segnale o si scarica la batteria non a tutti, fortunatamente, capita di provare angoscia, impotenza e panico.

Se si verificano invece queste sensazioni potremmo essere davanti a quella che viene definita Nomofobia (abbreviazione della frase no-mobile phobia), chiamata anche Sindrome da Disconnessione, e che definisce la sofferenza transitoria legata al non avere il telefono cellulare a portata di mano e alla conseguente paura di perderlo. Si accompagna a questo la sensazione di panico che coglie all’idea di non essere rintracciabili, la necessità di un costante aggiornamentosulle informazioni condivise dagli altri e la consultazione del telefono in ogni momento e in ogni luogo.

Questa condizione può insorgere per diversi motivi, legati anche a dinamiche che appagano il bisogno di sicurezza e di socializzazione, anche se solo in modalità virtuale.

Secondo David Greenfield, professore di psichiatria all’Università del Connecticut, l’attaccamento allo smartphone è molto simile a tutte le altre dipendenze in quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa.

Così ogni volta che vediamo apparire una notifica sul cellulare sale il livello di dopamina, perché pensiamo che ci sia in serbo per noi qualche cosa di nuovo e interessante. Ogni volta che riceviamo un like su un social si attiva un’area del cervello, il nucleus accumbens, coinvolta proprio nei fenomeni della ricompensa. La stessa area che svolge un ruolo importante anche nelle dipendenze da sostanze.

Un’altra sfaccettatura di questo fenomeno di ansia sociale è quella che i ricercatori inglesi definiscono FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out (paura di perdersi qualcosa), che indica la paura appunto di perdersi un’esperienza emozionante e interessante, insieme alla sensazione che gli altri conducano una vita migliore e più appagante della nostra. A questo si collega la ricerca di un contatto digitale costante con gli altri per essere sempre al corrente di quello che stanno facendo.

Tornando alla Nomofobia le sensazioni avvertite al solo pensiero di non avere il proprio telefono e di non poterlo utilizzare sono difficilmente gestibili e spesso sfociano in ansia incontrollata o ancora peggio in panico. Per non provare queste sensazioni le persone arrivano persino ad evitare luoghi o situazioni in cui è impossibile usare lo smartphone.

Ecco elencati alcuni sintomi osservabili che si associano all’impossibilità di connettersi alla rete:

Ansia

Alterazioni della funzionalità respiratoria

Sudorazione profusa

Agitazione

Disorientamento

Tachicardia

Tremore

Le caratteristiche psicologiche e comportamentali che distinguono invece la dipendenza, da un’adeguato e controllato utilizzo dello smartphone, possono essere:

L’uso regolare del telefono cellulare ed il trascorrere molto tempo su di esso;

l’avere sempre con sé uno o più dispositivi ed il caricabatterie, per evitare di restare senza batteria;

• il mantenere sempre il credito;

l’esperire vissuti di ansia e nervosismo al solo pensiero di perdere il proprio portatile o quando il telefono cellulare non è disponibile o non utilizzabile;

il monitoraggio costante dello schermo del telefono, per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate, o della batteria, per controllare se il telefono è scarico;

il mantenere il telefono cellulare acceso sempre (24 ore al giorno);

l’andare a dormire con cellulare o tablet a letto;

l’uso dello smartphone in posti poco pertinenti.

Ma se è vero che bisogna evitare di etichettare questi comportamenti come patologici è anche vero che è necessario chiederci se l’uso che facciamo del nostro smartphone è adeguato o no ed eventualmente allenarci giornalmente a “disintossicarsi”.

Come fare?

Ecco alcuni consigli.

Prova a non controllare lo schermo per almeno 60 minuti. Se l’impresa risulta impossibile parti da 45 minuti e poi procedi a ritroso.

Prova a lasciare a casa il telefono se devi uscire per delle commissioni o comunque per brevi periodi di tempo. Prova poi ad allungare i tempi: lascialo a casa se vai al cinema, se esci una serata con gli amici o se vai in palestra ad allenarti. In fonda sai che in caso di emergenza avrai sempre modo di comunicare con gli altri (tramite ad esempio il telefono di un amico).

Infine puoi provare a spegnerlo, almeno durante la notte. Inizia mettendolo silenzioso e con vibrazione, poi solo silenzioso e infine spegnilo del tutto. Vedrai che è possibile e ne guadagnerai in calma e serenità.

È importante ricordarsi che spesso, dietro alle dipendenze e alla paura, si nasconde un bisogno. Proviamo a stare vicini alla persone che mostrano questi comportamenti, specialmente se sono adolescenti. Potrebbe essere una richiesta più o meno celata di aiuto e in quanto adulti di riferimento siamo indubbiamente chiamati a rispondere. Ascoltiamoli, dedichiamogli cure e attenzioni, facciamo sentire loro la nostra presenza. Reale però e non virtuale.

Dr.ssa Lisa Ribechini

Psicologa

Per info e appuntamenti

333.4318772

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